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In una zona naturalmente difesa, sul versante attualmente denominato Pianella di Monte Savino, gli scavi sino ad ora condotti hanno riportato alla luce un abitato d’altura di circa 7000 mq, in parte ancora da esplorare.
Materiali archeologici databili al V sec. a.C. indicano la frequentazione del sito già in quest’epoca, forse per scopi insediativi; tuttavia la fase più consistente dell’abitato si colloca tra gli inizi del IV e il II sec. a.C.
I motivi che determinarono l’impianto dell’abitato vanno ricercati nella situazione storica degli inizi del IV sec. a. C., quando la Pianura Padana era coinvolta nelle massicce migrazioni di tribù celtiche dall’Europa Centrale, attirate in Italia dalla fertilità della nostra penisola, nota a loro per le relazioni e i contatti da tempo stabiliti con vari popoli italici, fra cui gli Etruschi.
L’insicurezza e l’instabilità del momento provocarono mutamenti nel popolamento, con il parziale abbandono dei centri urbani, a favore di siti d’altura naturalmente difesi. Nel nostro caso, l’area della Pianella di Monte Savino favorevole per la ricchezza di fonti d’acqua e per le possibilità di controllo del territorio circostante, fu scelta da un gruppo di etruschi per insediarvi un nuovo villaggio.
Attorno al 350 a.C., al primo nucleo di abitanti etruschi del villaggio si affianca la presenza di una componente celtica. Questo arrivo è segnalato non tanto dai pochi oggetti di tipo celtico rinvenuti all’interno dell’abitato, quanto dalle tombe del vicino sepolcreto.
Un consistente strato di incendio documenta poi la fine dell’abitato agli inizi del II sec. a. C. Questa fine improvvisa è con tutta probabilità da collegarsi alle operazioni di conquista effettuate dai Romani in quest’area.
Il villaggio venne costruito secondo un “progetto urbanistico” rigoroso ed unitario, che richiese la soluzione di alcuni problemi strutturali determinati dalla natura stessa del sito e l’impiego di una notevole forza lavoro. L’area in questione dovette infatti essere disboscata e la forte pendenza della montagna (dal 10 al 30%) venne spezzata con la costruzione di una decina di terrazzamenti consecutivi, con andamento nord-sud.
Tali terrazzamenti, piattaforme di terra sostenute da muri di pietra, costituirono una sorta di isolati dalle dimensioni irregolari, su cui vennero impiantate sia le strutture abitative (da 40 a 50) che quelle di uso collettivo (vari magazzini per conservare i cereali e la cisterna).
La viabilità interna al villaggio era assicurata da un sistema di strade e rampe, che collegava i vari isolati; in particolare, le strade, lastricate con ciottoli, grazie alla loro costante pendenza di circa 4°, costituivano anche un funzionale sistema di scorrimento delle acque piovane verso i settori non edificati ai margini del villaggio, fino a confluire per lo più in un grande inghiottitoio naturale (la “tana del tasso”), che ancora oggi assorbe la maggior parte delle acque correnti, essendo posto alla convergenza delle principali linee di pendenza dell’abitato.
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